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Introduzione a Epicuro.
Di Domenico Pesce.
Ed. Laterza.

Una sapiente sintesi di questo libro a cura di Saverio Maggio.

Libretto agile, quasi tascabile (18cm.) di circa duecento pagine, e fornito di una ricca biografia. E' un esauriente saggio sullo stato dell'epicureismo, comprendente un ampio capitolo sullo sviluppo degli studi sull'epicureismo, dall'antichità (Lucrezio, Plutarco, Cicerone, Diogene Laerzio) fino all'ultima generazione di studiosi (Usener, Bignone, Momigliano, Faffington). Si vede che l'autore è innamorato dell'argomento, giàà dalla collocazione del "movimento" nel quadro della filosofia greca, specialmente sottolineando la contrapposizione con l'idealismo di Platone (oscurantista) e col giovane Aristotele, ancora platonico. L'autore sottolinea l'ascendenza comune degli Eleati (L'Essere è, in non-essere non è, con la negazione del divenire), sia per la teoria del pieno/vuoto (corrispondente, ma non identico all'essere/non-essere), sia per la giustificazione del divenire, tutto interno all'essere.
L'eternità  del movimento, possibile sia per la caduta perpendicolare dell'atomo dovuta al suo peso che per l'esistenza del vuoto (quindi un non-essere)
Tale caduta riceve dei lievissimi spostamenti a causa del "clinamen" (declinazione, piccoli urti tra gli atomi) assunto poi a pricipio di spontaneità  e di libertà , in contrapposizione ai teorici della necessità  e del determinismo.
Per Aristotele maturo, invece, si delinea tutta una serie di paralleli, di omofonie. Ciò, viene esplicitato, in coincidenza con la scoperta di Bignone che rovescia l'interpretazione corrente di un epicureismo in funzione antistoica: la contrapposizione è con l'idealismo, con le posizioni ontologiche, gnoseologiche etiche e teologiche, puntualmente confrontate con il Platonismo.
Le prime due parti del libro, di trenta pagine ciascuna, sono sulla genesi del sistema e sulla scienza della natura, la "fisica". Non sembra dubbio che la fisica epicurea sia tutta in funzione dell'etica, e che la concezione materialistica (esiste solo atomo e vuoto e nient'altro) sia spinta ad investire l'anima e il pensiero, il tutto in una salda connessione di tutte le parti della dottrina.
Il suo messaggio, la sua intenzione è la liberazione dell'uomo da ciò che si oppone alla sua felicità  (la pienezza della felicità è data dalla completa assenza di dolore fisico "aponia" e fisico "atarassia"). L'ostacolo che si frappone è dato in primo luogo dalla paura: paura degli dei e paura della morte. L'esclusione rigorosa di qualsiasi tipo di intervento della divinità  nei fatti dell'uomo apre una prospettiva di libertà  e quindi di responsabilità .
L'anima non è immortale ma, essendo fatta di materia, di atomi, muore con l'uomo, pertanto non ha nessun valore la pretesa esitenza di un al di là  in cui l'uomo riceva punizione o premio. Godiamocela dunque questa vita; non perdiamo quest'unica occasione, liberiamoci dalle paure instillate da una mitologia funesta. Anche se di godereccio nella dottrina c'è assai poco: frugalità , sobrietà , uso moderato dei piaceri, distinguendo tra desideri e bisogni "naturali e necessari" e desideri non fondati sulla realtà  (teoria dei limiti), e che per loro natura sono destinati ad accrescersi indefinitiamente (potere, ricchezza e gloria, per esempio, più si soddisfano più lasciano insoddisfatti). Sono gli isipienti che non riescono a limitare i loro desideri ai beni "naturali e necessari", in linea con la massima: "Niente è sufficiente a colui cui il sufficiente non basta".
Gli altri due rimedi del "tetrafarmaco", oltre alle due paure fondamentali, sono la coscienza della facilità  di acquistare il piacere, la felicità , per l'abbondanza di strumenti e di modalità  di cui ha fornito la nutura (data l'elementarità  dei bisogni del saggio) e infine la sopportabilità  del dolore, la cui intensità  è inversamente proporzionale alla durata; e al limite c'è sempre la morte che costituisce l'estremo rimedio (anche sotto forma di suicidio, in casi estremi).
L'etica di Epicuro fonde la virtù con il piacere. Il piacere o il dolore è la conseguenza naturale di ogni contatto con cose o persone; ogni sensazione non è mai neutra ma riceve in ogni momento una caratterizzazione in positivo o in negativo (piacere o dolore). Il modo di essere dell'uomo nella realtà  della natura è fatto in modo tale che la sensazione ci segnala il bene o il male di un'azione attraverso questo sentimento del piacere e del dolore, che quindi, nella dottrina atomistica del piacere , sono la fonte della virtù: tutto ciò che produce piacere è bene.
A quanto pare non si tratta di una prescrizione di norme di comportamento, ma di una descrizione della realtà  dei fenomeni naturali.
Anche la gnoselogia (la canonica) è fondata materialisticamente sulla sensazione; c'è il "simulacro", questo fantastico "oggetto" che, fatto di atomi sottili, si stacca dalla superfice dei corpi per andare a colpire i nostri sensi; c'è la rappresentazione (phantasia), che è altro dal simulacro e che sorge quando si verifica il contatto tra l'organo sensoriale e il suo oggetto. Il valore indiscusso dell'epistemologia epicurea è dato principalmente dall'atteggiamento che ispira il suo metodo: la polemica contro ogni aprorismo idealistico.
Nell'ultima parte si parla della giustizia, della politica e dell'amicizia. La giustizia naturale sarebbe quella derivante da un patto di non aggressione tra gli uomini, per limitare i danni di una perenna rivalità . Tra la scelta di vivere da governanti o da governati l'epicureo sceglie la seconda alternativa anche in omaggio all'invito di Epicuro di non darsi alla lotta politica, da cui si ricava più svantaggio che vantaggio. Pertanto sempre in funzione dell'utile e del tornaconto personale, così come l'amicizia che ad un primo esame sembrerebbe auspicabile per i vantaggi di sicurezza e di piacere che se ne possono trarre. Questa è la parte meno esaltante della dottrina di Epicuro. Comunque gli equivoci nascono sullo stesso concetto centrale del piacere, che non ha niente a che fare con la dissolutezza, è anzi un'esperienza assoluta: non solo umana felicità ma anche divina beatitudine.

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Grazie per la pazienza,
Michele