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Adversus Epicuro:
Cristianesimo ed Epicureismo in Clemente di Alessandria.

a cura di Giacomo Campanile

Nell'estate dell'anno 2002, mentre approfondivo "Stromati, note di vera filosofia" un interessante testo di Clemente Alessandrino, noto teologo cristiano del III secolo) fui colpito dalla stima e dalla riverenza che il grande Padre della Chiesa portava per la filosofia greca. Il platonismo e la filosofia ellenica in generale erano considerati come uno strumento positivo e valido per conoscere la verità.
La S. Teologia e la filosofia erano considerate in modo allegorico come due personaggi della Genesi. Sara ed Agar (St. I/5,32)
Sara, prima moglie legittima di Abramo, è il simbolo della Teologia e Agar, serva di Sara che unendosi con il Patriarca gli aveva dato una discendenza, è simbolo della filosofia.
Clemente afferma: "La filosofia ha come compito l'indagine sulla verità e sulla natura del reale. È d'altra parte la cultura preparatoria al riposo in Cristo, esercita la mente e sveglia l'intelligenza, ingenerando la sagacia nella ricerca attraverso la vera filosofia. È la filosofia che posseggono gli iniziati: l'hanno scoperta, o meglio, l'hanno ricevuta dalla verità stessa" (St. I/5,32.4).
In questo testo la teologia e la filosofia sono fuse e sovrapposte a vicenda; la filosofia appare la più autentica vita religiosa, o avvicinamento ad essa (riposo in Cristo, la possiedono gli iniziati).
Questo alto concetto della filosofia non era condiviso da altri importanti Padri della Chiesa (vedi Taziano e in modo particolare Tertulliano).
Clemente, mentre aveva buona considerazione la filosofia e i grandi esponenti delle diverse scuole, aveva un atteggiamento molto critico verso Epicuro e le sue idee. Perché?
Lo scopo di questo breve studio è soltanto di capire perché Clemente ha parole d'elogio e d'ammirazione per i filosofi e disprezza in modo quasi indegno la filosofia di Epicuro. Il pensiero d'Epicuro è incompatibile con la dottrina cristiana?
Cominciamo il nostro studio andando ad analizzare i testi in cui Clemente cita le opere e le idee d'Epicuro. Già nella prima pagina degli Stromati si legge: "Epicuro, corifeo d'ateismo" (St. I/1,2).
La prima affermazione su Epicuro è un'accusa d'ateismo. La seconda critica è ancora più pesante: è quella di sopprimere la provvidenza e divinizzare il piacere. "S'intende della filosofia non nel suo complesso, ma in quella di Epicuro di cui pure fa menzione Paolo negli Atti degli Apostoli, rimproverandoli di sopprimere la provvidenza e di divinizzare il piacere" (St. I/11,50.6).
Questa critica, specifica Clemente, non è rivolta alla filosofia perché tale, ma alla filosofia di Epicuro, fonte di menzogna e immorale. Contro gli epicurei afferma: "E quelli che pongono come principio gli atomi: poveri uomini senza fede, schiavi dei piaceri, che si rivestono del nome di filosofi" (St. I/11, 53.4). qui l'attacco è rivolto a tutti quelli che condividono le idee di Epicuro, tutti falsi filosofi, peccatori, atei e immorali.
Ancora: "Ed esso persuade anche Epicuro a porre come sommo fine del filosofo il piacere" (St. II/20,119.5).
Incredibile, il fine dell'uomo non è is sommo bene, ma il piacere, ciò non può essere nemmeno tenuto in considerazione, è un'idea assurda per un filosofo serio.
Afferma su Epicuro: "Egli finisce con il divinizzare lo stabile equilibrio della carne e la fiducia circa questa" (ivi). Ciò che Clemente considera dissolutezza, per Epicuro è il principio fondante della filosofia. Clemente chiede aiuto ad altri filosofi per confermare la sua critica: "Diogene scrive espressamente in una tragedia: ' . quelli che sono saturati nel cuore, ad opera dei piaceri, della mollezza effeminata, insudiciata di sterco, che non vogliono faticare, nemmeno un poco.' Con le parole che seguono dette in modo da far vergogna, ma degno dei voluttuari" (St. II/20,119,5-6; cfr. Diog. L.VI 80).
Il capitolo 21 degli Stromati, è dedicato alla filosofia e al sommo bene, anche in questo frangente clemente inizia con una critica feroce ad Epicuro: "Epicuro riponeva la felicità nel non aver fame, non aver sete, non aver freddo. Pronunciò la celebre frase: 'Felicità che rende uguale agli dei', ma in modo empio perché proprio in questo sosteneva di poter rivaleggiare con Zeus, come se stabilisse la beata superiorità di porci che mangiano escrementi, non di uomini ragionevoli e filosofi. Di quelli che pongono come principio il piacere cirenaici ed epicurei" (St. II/21,1-2).
La felicità dell'uomo è vivere per il piacere. Solo il piacere diviniza l'uomo. Questa dottrina che Clemente condanna senza appelli, è molto attuale. Di fronte alla rivelazione la filosofia, secondo Clemente, è come un dono di Dio. Essa è stata data da Dio ai greci come un testamento che servisse di base alla filosofia cristiana. Ma nella filosofia greca fu seminata la zizzania dal diavolo (cfr. la parabola Mt 13,25-30). Come nel cristianesimo le eresie crescono insieme al grano buono, così nell'ambiente filosofico: "L'empietà di Epicuro e la teoria del piacere e tutte le altre proposizioni disseminate nella filosofia greca contrariamente alla retta ragione, costituiscono i frutti spuri della cultura concessa da Dio ai greci" (St. VI/8,67.2).
La dottrina del piacere di Epicuro viene paragonata da Clemente Alessandrino all'erba cattiva nel campo della filosofia, Epicuro viene definito uomo empio, la sua filosofia va contro la retta ragione e contro la legge di Dio.

Conclusione
Negli "Stromati, note di vera filosofia", c'è secondo Clemente una contrapposizione estrema tra teologia cristiana e filosofia epicurea in quanto questa filosofia aveva assunto nella storia quasi la forma di una religione laica contrapposta alla religione cristiana.
In questa religione laica l'uomo poteva raggiungere la felicità da solo, solo confidando nelle sue capacità naturali, non gli ha bisogno dei o mediatori soprannaturali, per arrivare alla pace non ha bisogno neanche di beni materiali e ricchezze, o di vita politica e istituzioni. L'uomo è perfettamente autartico. Ciò non può essere condiviso da un teologo cristiano che vede la salvezza e la redenzione umana come un dono di Dio. Le accuse d'ateismo rivolte da Clemente sono pertinenti giacché la dottrina epicurea è una fede nell'al-di-qua, negatrice d'ogni trascendenza e radicalmente legata alla dimensione del "naturale" e del "fisico", in questo contesto la metafisica platonica e aristotelica sono negate.
L'attualità del pensiero di Epicuro
In un certo senso oggi siamo in un'epoca epicurea, la galoppante secolarizzazione, la eccessiva fiducia nella capacità dell'uomo di realizzare una pace mondiale, la società impostata in modo edonistico.
In effetti, soddisfare ogni tipo di piacere è il principio della nostra società consumistica. Oggi il criterio per discriminare il "bene" e il "male" non è la verità, ma il piacere e il dolore, così che essi diventano le regole del nostro agire. Un agire morale fondato sul principio del piacere è profondamente amorale, condividiamo la posizione di Clemente a riguardo in quanto il piacere non può essere un principio metafisico.
Anche a livello gnoseologico Epicuro è attuale. Il primato della sensazione per l'oggettività rende la filosofia di Epicuro moderna. Il soggetto con le sue sensazioni diventa il protagonista della conoscenza oggettiva, dimenticando ogni tipo di conoscenza metafisica.
Gli studiosi recenti sostengono che il piacere concepito da Epicuro riguarda l'aspetto spirituale dell'anima. Ciò che deve cercare ogni uomo è la tranquillità dell'anima (atarassia). L'uomo deve cercare la pace, per questo bisogna fuggire dal caos di una vita sociale frenetica e a volte solo esteriore. Nella famosa frase di Epicuro: "Ritirati in te stesso, soprattutto quando sei costretto a stare tra la folla" sembra di sentire l'eco del Vangelo.
Un altro pregio della filosofia epicurea è quello di considerare l'uomo non solo come essere politico, in rapporto con lo stato, ma come individuo che ha un valore in sé. Anche qui notiamo una sfumatura che avvicina la filosofia epicurea all'antropologia cristiana.
Un'altra tematica molto vicina alla dottrina evangelica è quella dell'amicizia, Gesù Cristo chiama i suoi discepoli amici"Non vi chiamo più servi,.ma vi ho chiamati amici" (Gv. 15,15). Epicuro sostiene che l'amicizia deve essere l'unico legame veramente importante nelle relazioni umane perché è un legame che presuppone la libertà.